Il Bundesverdientskreuz a Delio Miorandi. Nostra intervista al capolista degli Eurocittadini

 

Delio Miorandi ha ricevuto  il 19 febbraio 2004, nella sede della provincia di Gross Gerau, il più  un alto riconoscimento tedesco: il Bundesverdienstkreuz,  per il suo impegno sociale e politico a servizio della collettività italiana e tedesca – Miorandi, assistente sociale, opera tra i connazionali di Rüsselsheim e dintorni da oltre 40 anni e nelle imminenti elezioni del Comites è capolista degli “Eurocittadini”, la lista nr. 3 della Circoscrizione Consolare di Francoforte

 

D – Nei giorni scorsi, presso la sede della Provincia di Gross Gerau, il Landrat Enno Siehr ti ha consegnato il „Verdienstkreuz am Bande  des Verdienstordens der Bundesrepublik Deutschland“, il più alto e l’ultimo riconoscimento di una lunga serie...

 

R -  Sì. Il primo ufficiale riconoscimento l’ho ricevuto dal vescovo di Mainz card. Lehmann nel 1987, l’Ehrenurkunde della Chiesa cattolica e del Caritasverband. Nello stesso anno diventavo cittadino onorario di Raunheim, il mio luogo di residenza. Nel 1988 mi veniva assegnato l’Ehrenbrief del Land Hessen e nel 1991, dal presidente Cossiga, la Medaglia al merito del lavoro.

 

D – Ora il Verdienstkreuz federale. Perché? Quale è il senso o cosa c’è dietro questi apprezzamenti pubblici.

 

R – Vengono assegnati non per il lavoro che uno svolge, me per l’impegno oltre l’attività professionale. Premiano cioè il volontariato. Io ho cominciato a 12 anni ad investire il mio tempo libero in attività sociali, quando, in parrocchia, raccoglievo ferro vecchio, vetro, col cui ricavato aiutavamo i barboni. Ho continuato nel movimento dei giovani aclisti della diocesi di Trento, di cui sono anche diventato presidente, fino al mio arrivo in Germania, nell’agosto del 1959. Qui, mentre studiavo sociologia alla Goethe-Universität di Francoforte, ho iniziato a visitare i connazionali nelle baracche. Diventato assistente sociale nel settembre del 1962, ho iniziato ad impegnarmi all’interno del Caritasverband, diventando presidente della commissione interna (1967-1989), portavoce regionale  (1978-1996) e membro della Commissione tariffaria nazionale. Negli anni 70 ho contribuito alla nascita delle Associazioni Famiglie  di Rüsselsheim, Bischofsheim e di Kerlsterbach, negli anni 80 ho promosso la costituzione delle Consulte degli stranieri di Rüsselsheim, Ginsheim-Gustavsburg e Kelsterbach. Dal 1971 al 74 ho curato un inserto in più lingue per il quotidiano locale “Main-Spitze”, la “Gazzetta Europea”. Ho contribuito alla stipula dei gemellaggi di Raunheim con Trofarello (Torino) e di Stockstadt/Rhein con Villa Lagarina (Trento). Dal 1991 al 99 sono stato presidente del Consiglio Pastorale della Missione di Rüsselsheim e dal 1992 sono presidente dell’Europa Union della provincia di Gross Gerau. Nel 1997 sono approdato anche al Comites.

 

D – E qui fermiamoci un momento. Mi sembra che la “croce” che ti hanno dato sia più che guadagnata sul campo. In merito al tuo impegno nel Comites, come valuti questa esperienza, o in genere cosa pensi del lavoro di questo organismo.

 

R – Il Comites uscente è composto da una maggioranza di persone molto lontane dal mio modo di vedere e di operare. E’ un circolo chiuso, con una visione molto burocratica, limitata all’ambiente italiano. Io vedo il Comitato come un organismo che ha avuto un mandato dai connazionali per essere portavoce delle loro rivendicazioni e per trovare le vie più adeguate ed efficaci per portarle avanti. Se si escludono alcuni pochi incontri, non è stato fatto nulla, ci si è limitati alla gestione ordinaria (amministrativa) del Comitato, a quel minimo previsto dalla legge per poter ricevere il contributo. Una pura vita vegetativa, senza progettualità, senza visioni, estremamente distaccati dalla stessa base elettorale. Occorre individuare nuovi spazi di presenza operativa, coinvolgendo i media tedeschi, in modo che determinate denunce, toccando direttamente l’immagine del nostro Paese, abbiano maggiori chance di successo proprio nei confronti della controparte istituzionale italiana.

 

D – Se non ti capisco male, presenti un bilancio fallimentare dell’attuale gestione del Comitato. Però, non solo ti ricandidi, ma addirittura guidi gli Eurocittadini, la lista nr 3. Cosa ti spinge a ritentare l’avventura, cosa in concreto ti proponi e che chance vedi per un cambiamento?

 

R – Sui tempi brevi sono importanti i numeri, e cioè che da queste elezioni esca una maggioranza diversa, sensibile alle indicazioni di cui sopra. Per noi Eurocittadini è importante creare collegamenti con le associazioni, i movimenti, i gruppi, utilizzare Internet – abbiamo aperto anche un apposto sito, all’indirizzo www.eurocittadini.de -  al fine di raggiungere e convincere il maggior numero possibile di connazionali non solo perché voti, ma perché ci sostenga in questo impegno di cambiamento. Sui tempi lunghi, se nel Comites ci sará una nuova maggioranza, si volta decisamente pagina. Diventerà un vero organismo politico, che andrà alla radice dei problemi e li porterà a galla, non per canalizzarli nei conosciuti sterili strumenti amministrativi, ma per orientarli a forme nuove di comunicazione, di espressione e di pressione. Accanto al grande patrimonio di esperienze degli anziani, ci sono le generazioni nuove, risorse umane professionalmente e culturalmente qualificate, senza problemi linguistici, già inserite nel mondo economico e politico tedesco (Ausländerbeiräte, consigli comunali e provinciali, ecc), atte quindi ad operare in modo nuovo.

 

D – Saper valorizzare queste competenze è sicuramente una buona base per un lavoro efficace. In concreto, quali sono i settori dove vedi più necessario l’intervento del Comitato?

 

R – La scuola, l’informazione, la famiglia, i servizi consolari, l’integrazione, i carcerati. L’Assia ha qualificato diversi docenti italiani, le cui competenze vanno quindi valorizzate per migliorare i corsi, l’inserimento nel sistema scolastico tedesco  e poter offrire una formazione che parifichi le chance di successo scolastico prima e professionale dopo. Nessuno sa cosa è il Comites anche perché non sono mai giunte informazioni. Bisogna individuare canali nuovi di collegamento con la base, tenendola informata e coinvolgendola nel dibattito e nelle soluzioni. Il doppio lavoro delle donne – dentro e fuori casa – è un aggravio da superare con una più equa distribuzione degli impegni all’interno della famiglia, in modo da agevolare e aumentare la partecipazione sociale- politica e il coinvolgimento delle donne. La diplomazia in Europa è superata. I Consolati hanno bisogno di manager, che li sappiano far funzionare. Ora fanno acqua da tutte le parti, non sono in grado di rispondere né alle vecchie né alle nuove esigenze della collettività, soprattutto perché non c’è sufficiente personale. Le continue espulsioni di connazionali non ci stanno bene, e anche le loro condizioni di vita vanno viste da vicino. Il Comites, oltre che organismo di rappresentanza, deve essere un ponte per l’integrazione. Deve promuovere l’identità del connazionale, ma nella direzione di una mentalità europea. Deve uscire dal ghetto, dall’impotenza. Se rinasce nelle condizioni e nelle mani attuali, è destinato a rimanere come una pianta selvatica che non dà frutti.  

Tobia Bassanelli, de.it.press